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Nato a Edolo il 20 gennaio 1928

Dopo tanti anni scrivo questo fatto, successo gli ultimi giorni di resistenza a mia sorella che aveva allora sette anni. Io scrivo per lei data la sua tenera età, si ricorda solo il dolore e una grande paura.

Il giorno 27 aprile del 1945 un gruppo di partigiani, Fiamme Verdi, scendono dalle montagne di Vico, attaccano la guardia repubblicana di guardia al ponte San Sebastiano sulla Statale Edolo – Aprica.

Dopo la breve sparatoria si arrendono, però uno, data la posizione favorevole, riesce a fuggire lungo il fiume, quando si accorgono è già fuori tiro malgrado gli sforzi per fermarlo guadagna terreno arriva a Edolo, ed avverte il comando della Tagliamento.

I partigiani si ritirano sulla montagna, conducendo i prigionieri e portandosi il capogruppo che aveva avuto in quel giorno un attacco di appendice.

La gente di Vico si aspettavano da parte dei repubblichini una vendetta, e difatti dopo un’oretta, ecco arrivare un camion sulla statale in località Bornia, carica di G.R. subito incominciano a sparare su tutti quelli che vedono, e incendiano le prime due cascine che trovano sul loro cammino.

In un baleno arrivano in paese e picchiando un anziano che stava lavorando, gridano via tutti che bruciamo il paese.

Mio padre ed altri anziani con il parroco corrono alle scuole, con la maestra prendono gli scolari escono dal paese si rifugiano sopra al paese sotto una rupe.

Nei dintorni si sentono sparatorie continue.

Due guardie con un tenente saliti da San Sebastiano, dopo avere ucciso un giovane di Cortenedolo, arrivano nei pressi della rupe, ed una guardia vedendo della gente comincia a sparare raffiche di mitra.

Subito gli anziani ed il parroco escono con mai in alto gridando no sparate sono bambini smettono di sparare.

Mio padre si gira ma subito vede che è ferita sua figlia.

In quell’attimo arriva il tenente e chiede cosa è successo, il suo milite a ferito mia figlia risponde mio padre.

Ecco che subito si gira verso il parroco schiaffeggiandolo, lui e altri borghesi imprecando contro dio che faceva uccidere degli innocenti, poi girandosi chiama una guardia che aveva la cassetta di medicazione, la medicarono alla meglio e poi rivoltosi a mio padre le disse, portatela sulla statale che nel ritorno la portiamo a Edolo e se ne andarono altrove.

La portarono subito in paese, ci furono dei paesani volontari che la portarono a Edolo con una portantina.

Il medico le riscontrava la rottura del femore dovuta a un proiettile di mitra che le aveva trapassato la gamba da parte a parte, un altro proiettile le aveva trapassato il ginocchio dell’altra gamba senza ledere ne tendini ne ossa varie.

Alla sera la portammo a casa nostra con il referto che se fosse venuta un’infezione bisognava amputare la gamba.

Dio volle che dopo il terzo giorno cessò la febbre e tutto andò per il meglio.

Come il ribelle, l’internata nei lagher, anch’essa Perlotti Giovanna Maria a pagato i suoi tributi a causa del fascismo.

 

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